martedì 25 marzo 2008

Serriamo le fila

Il momento è critico, inutile negarlo. La sconfitta con la Juve è uno schiaffo pesante, reso più amaro dall'evidente fuorigioco di Camoranesi nell'azione del gol che ha cambiato la partita (vi ricordate il clamore per il nostro gol in fuorigioco a Catania? Adesso nessuno dice niente... mi pare veramente sorprendente). Se a questo aggiungiamo la chiara stanchezza della squadra e la difficoltà nel creare azioni offensive, ecco che di motivi per stare allegri, tra noi cuori nerazzurri, sembra che ne siano pochi. Eppure.

Eppure siamo sempre primi, seppur con un vantaggio piccolo (ma non così insignificante) sulla Roma; eppure è ancora tutto nelle nostre mani; eppure la squadra ha fatto blocco con Mancini e vuole fortemente arrivare al titolo. Non so se ce la faremo, ma fino all'ultimo secondo dovremo tutti essere uniti per arrivare a questo obiettivo! E' il momento dell'unità, intorno a questa squadra e a questi uomini - che ci siano cari o meno, compreso il povero Burdisso. Al futuro, quale che sarà ci penseremo da giugno, e lì i nodi verranno al pettine. Ma ora è necessario serrare le fila. La sconfitta con la Juve fa male, ma non ci dobbiamo dimenticare che, pur festeggiando come se avessero vinto i mondiali, i bianconeri quest'anno probabilmente non vinceranno nulla, dovranno sudarsi l'accesso alla Champions nei preliminari e magarai potranno anche non farcela... Insomma, un po' di prospettiva aiuta a ragionare con più serenità sulle situazioni.

E' ovvio che ora siamo sotto pressione e il calendario ogni volta che lo guardo mi inquieta a dismisura. Ma piangere adesso non serve, e chissà che dalle prossime durissime partite non possa venire anche qualche buona notizia. E' dura, ma negli scorsi vent'anni abbiamo affrontato situazioni ben più meschine e anche lì (più o meno) ci siamo battuti contro lo scoraggiamento guardando i magnifici colori della nostra maglia. Provarci ora è il minimo che possiamo fare.

venerdì 14 marzo 2008

A mente fredda

A mente fredda si può provare a ragionare sull’eliminazione dalla Champions di martedì scorso. E’ andata male, e ci può stare vista la gara di andata, certo che un po’ di rammarico c’è, e la buriana scatenata dalle dichiarazioni di Mancini nel dopo-partita non si può dire che sia stata la cosa che ci potevamo augurare di più. Però, è giusto dirlo, ci sono state anche delle cose da salvare nei convulsi eventi della singolar tenzone con i Reds e, da ottimista propositivo quale cerco sempre di essere, mi piace partire da quelli.

L’Inter contro il Liverpool ha giocato una gara onesta, anzi mi azzarderei a dire che fino all’espulsione ha giocato la partita che doveva giocare per tentare di ribaltare la situazione compromessa nei malefici minuti finali di Anfield. Abbiamo mostrato la pazienza necessaria, abbiamo faticato, Julio Cesar ha fatto il suo dovere con la consueta spregiudicatezza (su Babel in uscita) e bravura (sull’incursione in area di Lucas mi pare). E poi sono arrivate le grandi chance sui piedi di Julio Cruz, nel primo e nel terzo caso bravo Almunia; nel secondo, e più clamoroso, impreciso il nostro amato Jardinero. Avrebbe potuto darla a Stankovic mi dite, vero ma quale attaccante da lì non tira? Certo, doveva segnare. Il problema sta tutto lì, ahinoi. E la palla nel sacco doveva pure metterla Ibra nel secondo tempo quando la generosa disattenzione della retroguardia di Benitez ci ha regalato l’occasione più clamorosa. Io sono convinto che se avessimo segnato – in quel momento in cui già eravamo in dieci ma ancora 0-0 – forse il Liverpool si sarebbe spaventato davvero è chissà, sarebbe potuta andare in tutti i modi. Ripeto, fino al rosso per Burdisso eravamo in corsa, e ci era mancato il colpo-killer. Capita, è nell’ordine delle cose e del gioco. Nessun dramma insomma.

E lo stadio, per una volta unito, ha capito che la squadra ci aveva provato e ha applaudito e acclamato i nostri a fine gara. Non l’avevo mai visto succedere (di solito volavano i sediolini o qualcosa di peggio...) e mi è parso il modo migliore per sugellare la partita, ma anche la maturazione di un ambiente per troppo tempo definito (a volte a torto, spesso a ragione) isterico, tanto nei suoi interpreti diretti – i calciatori – quanto in quelli indiretti – il pubblico. Ero triste per come era andata la partita, ma ho pensato che finalmente stessimo cominciando a diventare una grande squadra. Ho applaudito convinto i nostri e ho gridato “Inter, Inter” a squarciagola.

Sul dopo partita sembra difficile trovare delle buone notizie. Per noi tifosi comuni l’annuncio del Mancio è stata una doccia gelida e inattesa. Eppure anche lì, forse, possiamo provare a cavarne qualcosa di utile: se la mossa – decisamente azzardata – del mister servirà a stoppare certi atteggiamenti sgradevoli di alcuni giocatori e a mettere un freno alla tentazione di ambivalenza della società (che talvolta pare giustificare le bizze dei campioni), allora potrà anche essere stata un bene. Perché, proprio per l’ammirazione, la gratitudine, la stima e l’affetto che provo per il presidente Moratti (a lui eterna lode!), mi sembra giusto non tacere sui suoi (pochi) errori, che talvolta comprendono questi perdoni per i giocatori indisciplinati e gli scatti decisionisti che portarono, per esempio, all’inopinata cacciata di Gigi Simoni. Tutto sta andando a meraviglia, Centenario incluso, continuiamo così...

Le note tristi sono, oltre ovviamente alla cacciata dal paradiso della Champions, le brutte prestazioni di alcuni uomini simbolo come Vieira, gli errori – già ben documentati – sotto porta dei nostri bomber, il comportamento di Figo, l’ennesimo cartellino rosso. E anche l’intempestività dell’annuncio di Mancini, che poteva forse ottenere gli stessi effetti in un’altra sede, chissà... Certo che in questo modo la squadra è stata risparmiata dal diluvio di critiche, e tutto il focus della stampa – categoria cui appartengo, ma che è decisamente popolata di loschi personaggi – si è puntato sull’allenatore, che ha fatto da capro espiatorio e forse ha garantito a Zanetti e soci qualche ora in più di tranquillità per dedicarsi al campionato. Un paragrafetto a parte lo dedicherei al povero Burdisso. Sbaglia, e si fa prendere dalla foga in maniera spesso imperdonabile, e la sua espulsione ci è costata le ultime chance di speranza. Però è uno che dà l’anima per la squadra e accetta di fare tutti i ruoli... non è una giustificazione, però un’attenuante generica sì. Vista la flemma con cui giocava Vieria...

Adesso guardiamo avanti, a mente fredda. C’è ancora molto da fare e, come diceva Thomas S. Eliot, c’è lavoro per tutti quanti. Forza Inter.

sabato 8 marzo 2008

Buon Compleanno

Domani saranno cento. Un compleanno pesante quello della nostra Beneamata Inter, che raggiunge il secolo di vita in un momento sportivamente delicato, a cavallo tra la sconfitta con il Napoli e in attesa del redde rationem di martedì con il Liverpool, senza dimenticare la delicatissima partita contro la Reggina di questo pomeriggio. Ma il centenario è sempre il centenario e noi siamo qui di nuovo a dire quanto siamo orgogliosi e innamorati di questi colori, della loro imprevedibilità e della loro magnificenza, dei momenti bui (chi si ricorda del Turun Palloseura? Io, mio malgrado, sì) e di quelli pazzeschi (ne scelgo uno vecchio, il gol di Aldone Serena nel derby d’andata 88/89, solo in tribuna in mezzo ai milanisti zittiti), delle serate che non avremmo mai voluto vivere (ero sotto la curva la notte dei lanci dei razzi contro Dida) e di quelle che formano l’educazione sentimentale del giovane tifoso (la finale di Coppa Uefa 90/91 contro la Roma, gol di Matthaus e Berti).

L’Inter è stata una scuola di carattere, una severa palestra (almeno per la mia generazione) di formazione alle difficoltà della vita e alla persistenza delle delusioni. Che ci hanno fortificato il carattere e la fiducia, certo, ma che fatica. Sono passati 25 anni e ancora non ho superato lo choc della rimonta della Juve da 1-3 a 3-3 in quella sfida del 1983 che poi vincemmo a tavolino per il mattone tirato contro il Pirata Marini, né la spaventosa sensazione di essere stato travolto da un treno dopo che il Bayern – in una nefasta notte di Prima della Scala – ha cancellato l’incredibile vittoria 2-0 all’Olimpiastadion nel 1988.

Ma la passione è più forte, e la memoria è piena di abbracci scambiati con mio papà – da sempre si fa coppia in questa affannosa professione di tifoso nerazzurro – che sono cominciati a fine anni Settanta nei “Distinti” di San Siro e vanno avanti tra Sky e il primo anello verde, che forse adesso si chiama anello Nord, ma è sempre verde.

Buon compleanno Inter, allora, e buon compleanno a tutti noi. La nostra parte, seppur piccola, cerchiamo di continuare a farla.